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Descrivere l’identità di una scuola, senza cadere nel banale, non è così semplice. Al di là degli aspetti formali l’identità dell’Istituto va ricercata nella configurazione psicologica, sociale e politica degli universi in cui agisce. In realtà l’identità della nostra scuola non è riferibile a soggetti ma essa dipende dalle interazioni in cui si trovano ad agire, in attesa di essere così svelata. Se l’identità nella filosofia classica è strettamente collegata all’ “essere”, qui invece risulta collegata al “fare”, che è anche un “rappresentare”.

La routine scolastica è un meccanismo importante che permette ai giovani di organizzarsi. Non avere contatti fisici, reali, con i propri pari impoverisce la “dieta” del nostro cervello emotivo. Nei più piccoli, soprattutto di sesso maschile, l’impossibilità di giochi fisici, resi possibili dagli spazi e dall’appartenenza ad un gruppo, generano irrequietezza e sintomi psicosomatici. Negli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo di pari è meta essenziale da raggiungere, la chiusura forzata ha forse aggravato quel senso di solitudine piuttosto frequente in fase dello sviluppo. Di conseguenza, aumenta la propensione all’isolamento con il rinchiudersi in camera e passare ore su internet, e la mancanza di contatti fisici con i pari finisce per trasformarsi in un fattore di rischio per conflitti in famiglia. Senza dubbio la fisicità della scuola genera un contenitore che aiuta a mantenere la “barra a dritta”. Orari, verifiche puntuali, una routine di regole. Stare a casa determina anarchia. Questa situazione amplifica una delle sfide più difficili ma anche più importanti che la scuola ha dovuto affrontare: rendere autonomi, consapevoli e protagonisti assoluti della propria maturazione di conoscenze i ragazzi. Una sfida che l’Istituto ha provato a “giocare” cercando sinergie e cooperazione nelle famiglie, nelle istituzioni locali: la scuola non ha potuto semplicemente limitarsi ad insegnare, ma ha promosso azioni di supporto al sistema emotivo degli alunni, affiancandoli e accompagnandoli nel loro percorso di crescita.
Saltare indietro, rimbalzare” ecco qual è l’antico significato latino della parola “resilienza”. Nei diversi campi d’impiego del termine, la resilienza è riassumibile come capacità di resistere e riprendersi in modo accettabile da uno stress. È cambiamento adattativo, non è una condizione statica, e può essere allenata e migliorata. Dopo un periodo difficile e di cambiamento è proprio dalla parola resilienza che vorremo ri-partire. Vorremo come Istituto riprendere il nostro percorso mantenendo gli traguardi che c’eravamo posti e restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre.

Un ambiente resiliente è in grado di assorbire shock territoriali, sociali, economici ed infrastrutturali adattandosi e rinnovandosi, nel rispetto delle sue funzioni e della sua identità. Quindi per costruire una comunità sostenibile è importante condividere con le giovani generazioni una visione del futuro. Pensiamo che il modo migliore per diffondere i temi della sostenibilità non passi attraverso una serie di divieti e prescrizioni, ma piuttosto per la costruzione di un immaginario comune, per costruire una cultura sostenibile.

La didattica cooperativa e l’utilizzo delle nuove tecnologie aprono ad una prospettiva futura in cui la scuola sceglie il cambiamento, anzi un cambiamento rispetto al contesto sociale, declinando l’invito alla “compensazione” in favore della “suggestione”: di fronte ad un mondo che tende a “riempire” più? che ad “arricchire” la vita delle nuove generazioni, i docenti dell’istituto si propongono di:

  • insegnare la curiosità, cioè quella gioia di esplorare che è voglia di ricerca, scoperta, invenzione, stimolo al pensiero critico e al ragionamento.
  • Favorire nei bambini e nei ragazzi la forma mentis della ricerca, progettando attività, che utilizzino strumenti e linguaggi diversi e consoni alla loro età per percepire loro il suggestivo divario tra ciò che sanno e ciò? che vorrebbero sapere, a prescindere dal voler raggiungere risultati immediati o buoni voti
  • diffondere la filosofia dello scetticismo, nel senso etimologico del termine: dal greco skeptikos che significa “osservare, esaminare”. Una persona scettica richiede sempre prove ulteriori, anche rispetto all’ evidenza, prima di accettare affermazioni di qualcuno come vere. E’ disposto a sfidare lo status quo con mentalità aperta e attraverso una sana discussione.

Con questo manifesto programmatico non siamo certo in grado di assicurare ai nostri alunni la migliore carriera lavorativa o il più? eclatante successo sociale, ma vogliamo indicare loro alcune strade per una crescita che non avvenga in altezza, ma verso il basso, che e? poi la dimensione della profondità. Abbiamo cercato di tracciare una strada e abbiamo preso coscienza di quello che ci attende. Ma il futuro ha bisogno di una visione più grande e la possiamo avere solo con l’IMMAGINAZIONE, che guarda oltre a quello che c’è, attraverso un pensiero libero, creativo. Quindi occorre creare un immaginario comune che è alla base dell’identità culturale di una comunità. Ebbene, le difficoltà vanno dunque affrontate come opportunità, come una sfida che mobilita le proprie risorse, sia interne che esterne: una sfida dalla quale non ci si può esimere, in nome del raggiungimento di un equilibrio più funzionale. La resilienza è in altri termini la capacità di autoripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente quello che sta accadendo, nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo.

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